100 e Uno Voltidella Fotografia Italiana

I fotografi non hanno mai un volto. Sempre, o quasi, sono riconoscibili solo per le loro opere.
Ci chiediamo spesso chi si cela dietro ad una fotografia. Chi ha scattato quell’immagine di reportage? Dietro a quel bellissimo ritratto di donna, chi c’è? E poi ancora, quell’immagine statica che documenta lo scorcio di una città. Chi ha calpestato quei luoghi? Quali occhi hanno potuto osservare e fissare per sempre un istante? L’immaginazione vaga nell’infinito e nella fantasia come alla ricerca della voce in un film muto.
Spesso ciò che si focalizza in modo fantasioso nella mente, non corrisponde alla realtà.
Dietro a una foto cruda che documenta la guerra ci si immagina un volto da “duro”, scavato nelle rughe dell’evento storico e cruento. E poi ci accorgiamo che la forza e la freschezza di un uomo, poco più che ragazzo, riesce a stravolgere i pensieri.
Capita così. Come quando pensiamo che per camminare in cerca di luoghi, con un banco ottico sulle spalle, bisogna avere gambe buone, e poi scopriamo, invece, che colui che vaga nel cemento della metropoli, sotto il sole rovente, ha la barba bianca e si muove con lentezza. Questo progetto non vuole smascherare l’artista che sta dietro ad una macchina fotografica, bensì, vuole essere una nobile associazione tra l’opera fotografica e la persona.
Si, perché spesso dietro ad un “Ph. Mario Rossi/Ag. Pincopalla” stampato sulle pagine di un giornale, ai margini di una foto, non c’è solo un essere umano. C’è molto di più. C’è l’uomo che grazie allo sforzo di una “messa a fuoco”, ci fa vivere istanti irripetibili e grandi emozioni. Ci fa vedere quello che i nostri occhi distratti non sono riusciti a cogliere.
Cento volti di fotografi. No, centouno “uomini” che della fotografia hanno fatto la propria vita.
Grandi reporter, psicologi del ritratto, maestri della luce, visioni personalizzate che raccontano il mondo, artisti che vedono oltre l’essenziale. Un grande mosaico di volti, pennellati dalla luce di un incontro e da una stretta di mano. Nella speranza che la fotografia continui ad esistere e a raccontare la vita. Perché senza quell’istante, la nostra vita è come se non fosse mai esistita.